Test delle intolleranze non convenzionali

Esistono numerosi test delle intolleranze, alcuni scientificamente validi, altri poco attendibili. Quali sono i test delle intolleranze non convenzionali?Dolori addominali, irregolarità intestinale, gonfiore, mal digestione, sfoghi cutanei, aumento di peso. Quando lo stile di vita non è regolare, l’alimentazione disordinata, il poco tempo per dedicarsi al proprio benessere fisico e mentale, possono iniziare a manifestarsi sintomi particolari, subdoli e fastidiosi. Non sempre si tratta necessariamente di una vera intolleranza al cibo, ma quando si sospetta una “intolleranza alimentare” è opportuno rivolgersi al proprio pediatra, medico di fiducia, allergologo esperto o dietista.

Le uniche vere intolleranze sono diagnosticabili scientificamente, e tra queste le più comuni sono l’intolleranza al lattosio e l’intolleranza al glutine (celiachia o gluten sensitivity).

Invece spesso ci si fa attrarre da post, pubblicità, prodotti miracolosi, promozioni e si ricorre a test delle intolleranze non convenzionali come: il test citotossico o test di Bryan, il test di provocazione e neutralizzazione sub-linguale ed intradermico, la Kinesiologia applicata, il test del riflesso cardio-auricolare, il Pulse test, il test elettrotermico, il Vega test, il Sarmtest, il Biostrenght test e varianti, la Biorisonanza, l’analisi del capello, il Natrix o Fit 184 Test, l’iridologia, il dosaggio delle IgG sieriche.

Si tratta di test delle intolleranze non convenzionali che, una volta individuato l’alimento “incriminato” (ammesso che lo sia), prevedono una eventuale dieta di eliminazione, che però, se non ben bilanciata, potrebbe arrecare, soprattutto in età infantile ed adolescenziale, gravi conseguenze carenziali.

Di seguito sono riportati un elenco dei test delle intolleranze non convenzionali più utilizzati.

  • TEST CHINESIOLOGICO: è la misurazione della forza muscolare prima e dopo il contatto degli alimenti sospetti di intolleranza; se la forza muscolare rimane invariata l’influenza è stata neutra o positiva, se diminuisce l’influenza è stata negativa. Le sostanze da testare possono essere ingerite, inalate oppure più frequentemente sono delle sostanze diluite omeopaticamente contenute in fiale di vetro e poste a contatto con la mano del soggetto da esaminare. Alternativamente, la sostanza può essere posta sul torace del paziente o vicino allo stesso, senza tuttavia che avvenga un contatto diretto fra l’estratto di cibo e il soggetto da esaminare. Gli svantaggi di questo test sono: i falsi positivi e falsi negativi, la scarsa attendibilità nei soggetti che soffrono di patologie articolari e muscolari, non può essere effettuato nei bambini fino all’età di 7-8 anni. Non è mai stato documentato un interessamento dell’apparato scheletrico in corso di reazioni allergiche, inoltre il fatto che la sostanza non sia posta a diretto contatto del soggetto ma con l’intermezzo di una bottiglia esclude ogni possibile spiegazione razionale.
  • DRIATEST: metodo effettuato con l’aiuto di apparecchiature che misurano la forza muscolare. In pratica, al paziente seduto su un particolare sedile viene fissata una cinghia alla caviglia; la trazione che il paziente esercita sulla cinghia viene misurata da un dinamometro. Durante il test l’operatore somministra, per via sub-linguale o a contatto con la mucosa nasale, delle diluizioni standard degli alimenti sospetti. Gli alimenti a cui l’organismo è intollerante causano un calo della forza muscolare. Questo esame è utile perché non invasivo e, in caso di risultati dubbi, anche facilmente ripetibile. Inoltre è veloce e non richiede quasi mai la sospensione delle eventuali cure in corso. Il principale svantaggio di questo test è la difficoltà, o addirittura l’impossibilità di farlo con i bambini: richiede, infatti, la completa ed attenta partecipazione del paziente e quindi una certa coscienza. Il DRIATEST è in genere eseguito da un medico in un contesto di diagnosi che prevede la visita ed anche un percorso diagnostico che non si limita al test, ci sarà per esempio la prescrizione di una dieta a esclusione e progressiva re-introduzione.
  • CYTOTEST: detto anche test di Bryan, fu proposto nei primi anni ‘80. Il test è basato sul prelievo di sangue venoso e, dopo aver isolato tramite centrifugazione i globuli bianchi, questi ultimi vengono posti su appositi vetrini e messi a contatto con l’alimento. Dopo un breve periodo di incubazione si passa all’osservazione al microscopio dove si rileveranno le eventuali modifiche. La presa di posizione dell’AAAI (America Accademy of Allergy and Immunology) e un articolo di Lehman del 1980 hanno chiaramente affermato l’inattendibilità di questo test nella diagnostica allergologica alimentare e/o respiratoria. Gli svantaggi sono diversi e importanti: in primis i falsi negativi, necessità di cellule vive, quindi i campioni di sangue devono essere utilizzati in un tempo breve (72 ore), la lettura della reazione è soggettiva e dipende quindi dalla bravura del tecnico.
  • ALCAT TEST (Antigen Leukocyte Cellular Antibody Test ): è un test più sofisticato per scovare le ipersensibilità non IgE-mediate (intolleranze). È basato sulla misurazione del diametro dei globuli bianchi dopo un periodo d’incubazione con le sostanze presunte, mediante una strumentazione elettronica, ADS 1200, che consente conteggi istantanei delle cellule in serie parallele di grandezza, che a loro volta mettono capo all’elaborazione di un istogramma. I valori di riferimento dell’alcat test non sono dei valori numerici, ma delle indicazioni di presenza o meno dell’intolleranza. La particolare attrezzatura che esegue il test emette un referto colorato in cui si evidenziano quattro colonne: rosso, arancio, giallo e verde. Nella colonna rossa sono elencati gli alimenti assolutamente intolleranti mentre nelle altre colonne sono indicati gli alimenti via via più innocui (colonna arancio e colonna gialla) e quelli assolutamente innocui (colonna verde). Inoltre, lo strumento segnala
    anche una dieta a rotazione che, se eseguita correttamente, determina la  guarigione dall’intolleranza.
  • VEGATEST: fu inventato da Shimmel, anche se le varie “scoperte” basilari riferite al suo funzionamento sarebbero imputabili al medico tedesco Reinhold Voll. Egli, solo a metà del secolo scorso, si cimentò in quella che ancora oggi definiscono elettro-agopuntura (E.A.V.). Voll iniziò valutando la carica elettromagnetica delle zone di agopuntura cinese comunicanti tramite dei meridiani fissi: 12 secondo la disciplina classica, più altri 8 che scoprì da sé.
    Questi meridiani collegano gli organi a dei punti di grande sensibilità, lasciando correre una specifica corrente elettrica (oggetto dell’analisi). Standardizzando la valutazione, Voll ideò un particolare metodo diagnostico per identificare le eventuali alterazioni di questa carica elettrica; inoltre, capì, che ogni organo aveva una particolare frequenza, invece non riscontrabile negli altri. Infine, applicando delle sostanze su questi punti, il medico si rese conto che avvenivano delle reazioni “particolari”; fu così che mise a punto il Test dei Medicamenti. Solo nel 1976, Shimmel inventò il vero e proprio Vega test. Questo test si basa, quindi, sui principi della bioenergetica: il corpo sarebbe un insieme di campi magnetici sui quali determinate sostanze possono influire. Si effettua con un apparecchio munito di due elettrodi. Uno è posto sulla mano del paziente, l’altro è collegato a uno strumento con cui il medico misura le differenze di potenziale elettrico in particolari punti della pelle. Nella macchina vengono inserite fiale con sostanze alimentari omeopatizzate, cioè diluite in modo infinitesimale. Il campo magnetico di queste sostanze influirebbe su quello del corpo, la cui risposta verrebbe rilevata dalla macchina come variazione del potenziale sulla pelle. Una caduta nella conducibilità elettrica è riconducibile a un’intolleranza verso una certa sostanza.
  • IRIDOCHINESI: l’iridologia è nata in Ungheria nel 1880 grazie al Dottor Ignatz von Peczely (fece scoperte nel regno della natura e arte di guarigione), anche se si trovano tracce di studi sull’iride negli anni precedenti. Nella cultura egizia, l’occhio è per l’uomo ciò che il sole è nel Sistema Solare, da qui il culto per l’occhio di Horus. Nei papiri medici dell’antico Egitto (1500 a.C.) compaiono riferimenti all’analisi dell’occhio in relazione con le malattie. Nella tradizione medica cinese l’osservazione dell’occhio e dell’iride era utilizzata in senso diagnostico, legando le varie zone dell’iride e della sclera agli elementi
    costitutivi dell’uomo secondo l’agopuntura. In alcuni documenti mesopotamici risalenti al 669 a.C. si fa cenno alla presunta relazione esistente tra la variazione del colore dell’occhio con le malattie epatiche o con la vicinanza della morte. L’iridologia moderna nasce con la pubblicazione della prima topografia iridea nel 1886 sulla rivista Homeopätische Monatsblätter.
    All’inizio del secolo scorso l’iridologia si diffonde in Europa e negli Stati Uniti. In Italia sostenitori dell’iridologia hanno istituito la ASSIRI (Associazione Iridologica Italiana). Sebastiano Magnano ha fondato un nuovo indirizzo iridologico che comprende: l’Iridologia psicologica e l’Iridochinesi o Dinamica pupillare. Questo metodo che si basa sul movimento della pupilla come indicatore del tono simpatico-parasimpatico: consiste nell’individuare una abnorme risposta pupillare in seguito ad un imput alimentare specifico. Lo scopo dell’iridologo non è quello di diagnosticare malattie ma solo di osservare e interpretare i segni fisici che nota nell’occhio.
  • BIORISONANZA: si basa sulla convinzione che l’essere umano emette onde elettromagnetiche che possono essere buone o cattive. Nella biorisonanza si usa un apparecchio che è in grado di filtrare le onde patologiche emesse dall’organismo e rimandarle “riabilitate” al paziente. Due studi recenti, effettuati in doppio cieco, non sono stati in grado di dimostrare alcun valore diagnostico o terapeutico della biorisonanza sia in soggetti adulti con rinite allergica che in una popolazione pediatrica affetta da eczema atopico.
  • TEST DI CITOTOSSICITA’: Il razionale sul test citotossico, proposto per la prima volta nel 1956, e quindi cronologicamente prima della scoperta delle IgE, si basa sul principio che l’aggiunta in vitro di uno specifico allergene al sangue intero o a sospensioni leucocitarie comporti una serie di modificazioni morfologiche nelle cellule fino alla loro citolisi. Nel test viene fornita una scala semiquantitativa che ha nella lisi cellulare l’alterazione più significativa. In tempi più recenti è stata anche proposta una versione automatizzata del test, che si basa sul principio dei coulter-counter (ALCAT test). In numerosi studi è stata dimostrata la non riproducibilità del test. Inoltre non riesce a discriminare i pazienti effettivamente allergici dai negativi e si possono avere risultati diversi nello stesso paziente in momenti diversi, questo per lisi cellulare aspecifica, per interpretazione soggettiva dei risultati, per variazione nelle condizioni di esecuzione del test.
  • DOSAGGIO DELLE Ig G4: è di facile accesso in farmacie o laboratori di analisi. È attualmente un esame molto praticato. In realtà numerosi studi scientifici hanno chiaramente dimostrato che la ricerca delle Ig G4 nella diagnostica delle allergie/intolleranze alimentari non è un test affidabile. Infatti è stato ampiamente dimostrato che il dosaggio delle Ig G4 non distingue i soggetti con allergia vera IgE mediata, con conseguente grave rischio di reazione qualora non siano individuati correttamente i cibi responsabili. D’altra parte la positività di tipo Ig G4 verso allergeni alimentari sono state di comune riscontro in sieri di pazienti, senza una correlazione con la storia clinica. Il riscontro di Ig G4 positive per un alimento indicano una normale risposta del sistema immunitario ad una prolungata esposizione ad allergeni alimentari. Alla luce di tali dati, le principali Società Scientifiche di Allergologia e Immunologia Clinica (EEACI-AAAI-CSACI) sono giunte concordi ad affermare che “il dosaggio delle Ig G4 specifiche non è rilevante nella diagnostica delle allergie o intolleranze alimentari, e che quindi tale percorso non deve essere intrapreso nel work-up diagnostico di tali patologie”.
  • Altri test in vivo sono: Iridologia, Analisi del capello, Pulse test, Strenght test, Riflesso cardio auricolare. Questi test non hanno dimostrato efficacia diagnostica e anche la SIAIP, nel documento “Choosing Wiseley, le cose da fare ma soprattutto non fare” pubblicato sulla rivista RIAIP di Allergologia pediatrica a Marzo del 2014, ne ha fermamente sconsigliato l’utilizzo nella diagnosi di allergia o intolleranza alimentare.

Considerazioni finali

Nonostante la grande diffusione dei test delle intolleranze alimentari non convenzionali, allo stato attuale si può dire che la stragrande maggioranza di questi non abbia basi scientifiche dimostrate, che presenti un eccessivo numero di falsi positivi o falsi negativi o che sia applicabile sono a categorie limitate di soggetti. Si tratta quindi di metodiche in controtendenza con la moderna medicina, dove si cerca di creare percorsi diagnostici e terapeutici basati sulle evidenze scientifiche. Pur essendo in uso da anni, raramente ci sono studi controllati in doppio cieco che dimostrino l’efficacia di questi test. Esistono invece dimostrazioni della loro inefficacia. Il rischio di un utilizzo indiscriminato di metodologie non comprovate, come autodiagnosi da parte del paziente o da medici non esperti della materia, può condurre a gravi ripercussioni sulla salute del paziente. Si pensi ad esempio al ritardo di crescita e malnutrizione in bambini che non seguono una corretta alimentazione se privati di alimenti fondamentali, senza una reale indicazione clinica, il mancato riconoscimento di un allergene pericoloso per la vita del paziente o, ancora peggio, il rischio di un ritardo diagnostico di patologie più gravi, non riconosciute perché considerate “intolleranze alimentari”.