Dieta senza glutine: moda o necessità

Gonfiore addominale, intestino irregolare, difficoltà digestive, sono solo alcuni dei sintomi che spesso ci disturbano e che non sappiamo a cosa attribuire. In molti casi la soluzione può trovarsi dietro alla dieta senza glutine, ma si tratta di moda o di vera necessità?

Nel nostro Paese ogni anno si spendono 320 milioni di euro per prodotti senza glutine, ma di questi solo 215 derivano dagli alimenti erogati per la terapia dei pazienti celiaci. Il 10% dei cittadini europei segue una dieta totalmente, parzialmente o occasionalmente gluten-free senza averne bisogno e sono circa 6 milioni gli italiani celiaci ‘per moda’ che sprecano ogni anno 105 milioni di euro stando ai dati Nielsen diffusi dall’Associazione Italiana Celiachia (AIC). Quali sono le potenziali carenze nutrizionali legate alla dieta senza glutine prolungata nel tempo? Quali i rischi nutrizionali?

La moda della dieta senza glutine sta portando indubbiamente a sprechi inutili. La disattenzione alla qualità dell’alimentazione, la disponibilità di cibi scandenti e di basso valore nutrizionale, lo stile di vita mediamente frenetico, la scarsa pratica di esercizio fisico, portano spesso a sintomi come gonfiore addominale, diarrea o stitichezza, meteorismo, fatica o difficoltà a concentrarsi dopo un pasto a base di un primo, di un panino o di una pizza. Senza pensare a migliorare le proprie abitudini alimentari e lo stile di vita, senza una diagnosi medica attendibile, ma facendosi attirare dalle pubblicità dei test delle intolleranze e dalle diete facili e veloci, molte persone si approcciano con metodi fai-da-te o approcci poco convenzionali all’esclusione del glutine.

Occorre precisare che esistono soggetti, che fino a qualche anno fa erano considerati dei malati immaginari, che soffrono della cosiddetta “gluten sensitivity” (sensibilità al glutine non celiaca). Anche se non risulta il quadro clinico tipico della celiachia, né di un’allergia, in seguito all’assunzione di farinacei (a base di frumentoorzosegalemalto), resta il fatto che la mucosa intestinale si indebolisce, dando luogo ad un’eccessiva permeabilità intestinale, che scatena una risposta immunitaria acuta.

Resta il fatto che in questi soggetti “sensibili al glutine” risultano valori dei marcatori di danno alle cellule intestinali ben più elevati rispetto a quelli misurati nei celiaci. Per la diagnosi non esistono marcatori specifici, ma il medico valutando l’entità del danno alle cellule intestinali può procedere alla diagnosi per esclusione degli altri fattori.  Dunque è possibile (e necessaria) una diagnosi medica concreta, alla quale segue una terapia basata sulla dieta senza glutine per 6 mesi, dunque una dieta specifica limitata nel tempo e non auto-prescritta. Il problema più grande è quello che riguarda quei soggetti che eliminano il glutine senza un ragionevole motivo, facendo ampio uso di prodotti senza glutine.

Spesso l’esclusione del glutine può nascondere un disturbo del comportamento alimentare, poiché con la scusa del “glutine” in realtà vengono evitate tutte le fonti di carboidrati. Si può anche sospettare che la riduzione dei carboidrati, per via dello stato ormonale-metabolico alterato che predispone alla fame, possa indurre atteggiamenti compulsivi nei confronti del cibo e scatenare quindi il circolo vizioso di restrizione e disinibizione tipico di alcuni disturbi (come nel caso di binge eating o bulimia).

Altre volte, non per forza in presenza di disturbi del comportamento alimentare, l’approccio gluten-free viene considerato utile per il suo effetto dimagrante, perché in effetti l’esclusione di pasta, pane, pizza e prodotti da forno in genere, limita così tanto gli introiti calorici giornalieri da provocare inevitabilmente un calo ponderale. Al contrario può capitare che la netta riduzione delle fonti di carboidrati inneschi un conseguente aumento del consumo di cibi grassi e proteici con un effetto negativo sia sul peso che sullo stato metabolico-nutrizionale. Non a caso alcuni studi scientifici hanno valutato persino un aumento del rischio cardiovascolare nei soggetti non celiaci in dieta senza glutine, in conseguenza della ridotta assunzione di cereali integrali e fibre.  Un soggetto con celiachia invece sarebbe guidato da professionisti della nutrizione ad escludere il glutine, sostituendo i cibi non consentiti con quelli sicuri, senza una categorica esclusione di tutte le fonti di carboidrati e costruendo una dieta comunque sana e bilanciata.

Il glutine è un complesso di natura proteica presente nel grano e in molti altri cereali (farro, orzo, segale, spelta, kamut, triticale, avena) che permette, insieme all’acqua, di creare la maglia glutinica, una struttura proteica, viscosa, elastica e resistente, che rende molto facile ed efficace la lievitazione, la panificazione e dunque la resa dell’impasto nei prodotti da forno. Creare un prodotto senza glutine significa trovare ingredienti alternativi che permettano di dare coesione all’impasto, una buona resa e la giusta consistenza sul prodotto finito. Di fatto nella maggior parte dei prodotti industriali senza glutine questo risultato è reso possibile dall’aggiunta di molti grassi saturi o idrogenati e zuccheri, oltre ad addensanti e altri ingredienti artificiali.  Ne risultano prodotti di basso valore nutrizionale, poveri in fibre, vitamine, sali minerali e sostanze protettive. L’eccessiva assunzione di zuccheri semplici e grassi di bassa qualità sono tra i principali fattori predisponenti per patologie come sovrappeso, obesità, sindrome metabolica, diabete, malattie cardiovascolari, malattie oncologiche ed endocrinologiche. Ecco perché anche in un soggetto con celiachia dovrebbero essere utilizzati con moderazione, più che altro per la loro praticità, nel consumo fuori casa o come aiuto nella gestione della dieta che deve essere rigorosa e non è sempre di così facile gestione. Una dieta gluten-free bilanciata e corretta deve prevedere principalmente il consumo di cereali integrali naturalmente senza glutine, insieme a frutta, verdura, le varie fonti proteiche naturali, legumi ecc. Dunque, a maggior ragione soprattutto in un soggetto non celiaco, non dovrebbe esserci alcun interesse nell’assumere prodotti dietetici senza glutine.

 

Melanie Uhde, et al. Intestinal cell damage and systemic immune activation in individuals reporting sensitivity to wheat in the absence of coeliac disease. Gut. 2016 Dec; 65(12): 1930–1937.

Gluten-free diet is not recommended for people without celiac disease BMJ 2017; 357 doi: https://doi.org/10.1136/bmj.j2135 (Published 03 May 2017)

Benjamin Lebwohl, et al. Long term gluten consumption in adults without celiac disease and risk of coronary heart disease: prospective cohort study BMJ 2017; 357 doi: https://doi.org/10.1136/bmj.j1892 (Published 02 May 2017)