L’educazione alimentare come “percorso”

Ci sono grandi differenze tra fare una “dieta” e mangiare in modo sano ed equilibrato, tra il seguire delle rigide direttive oppure scegliere consapevolmente. In questo articolo vorrei spiegare più chiaramente il mio metodo professionale e soprattutto perché intendo l’educazione alimentare come “percorso”.

Perché le diete sono difficili?

Quando l’alimentazione non viene sentita come una componente essenziale del proprio benessere e dello stile di vita, si tende a trascurarla e a lasciare le proprie scelte alimentari al caso. Si mangia in modo frettoloso, “quello che c’è nel frigo” o la proposta del menù del giorno al bar sotto l’ufficio, per poi trovarsi una fame da lupi a fine giornata. A questo si aggiungono molte cene fuori di solito nel fine settimana, qualcosina da spiluccare prima di cena perché il pranzo è stato fugace, un dolcetto qua e là perché dopo cena ci è rimasto ancora un piccolo languorino, poi a colazione siamo ancora infastiditi dalla sera prima e quindi niente colazione. La pancia gonfia, la digestione non funziona bene, l’intestino è irregolare.

Molte volte si arriva a pensare “ora basta, da lunedì mi metto a dieta”, “oggi ho esagerato, domani a stecchetto”. Poi dopo qualche giorno di forti restrizioni, l’alimentazione diventa così limitata, monotona e noiosa, che in preda ai morsi della fame si finisce di nuovo per essere travolti dalle cattive abitudini.

A quel punto si decide di chiedere l’aiuto di un professionista, nella convinzione che avere una tabella da seguire sia l’unico modo per trovare la soluzione a tutte le difficoltà. Così facendo, però, si delega totalmente al professionista la scelta di cosa e quanto mangiare e la dieta viene intesa come un periodo transitorio di restrizione finalizzato al raggiungimento del peso desiderato o di una certa forma fisica. Sicuramente l’approccio potrà essere più efficace rispetto al fai-da-te, verranno stabiliti in modo preciso i macro e i micronutrienti da assumere per la copertura dei fabbisogni, sarà rispettata una determinata rotazione degli alimenti nella settimana. Ma davvero si impara a mangiare? Che fine fanno i gusti e le preferenze individuali? Come è possibile con una tabella fissa, uguale ogni giorno, tenere conto della variabilità della fame e del dispendio energetico che si è avuto in una giornata? E poi, una volta raggiunto l’obiettivo, quando non ci sarà più una tabella rigida da seguire che cosa si farà?

Dieta o educazione alimentare

Secondo il mio metodo professionale, occorre parlare di educazione alimentare e non di dieta, affrontandola come un “percorso“, durante il quale ci si mette in gioco e ci si impegna a trovare la propria strada. In questo senso il mio ruolo è quello di una professionista che affianca ma non si sostituisce, consiglia ma non impone, sostiene ma non giudica: mette a disposizione le proprie conoscenze, le linee guida scientifiche e la teoria della nutrizione perché l’interessato sia nelle condizioni di trovare la strada giusta per sé.

Gli obiettivi principali sono:

  • fare la spesa consapevolmente, riconoscendo la genuinità degli ingredienti riportati sulle etichette
  • cucinare e abbinare gli alimenti in modo bilanciato ma anche gustoso
  • garantire varietà, gusto, sapore e colore nella creazione dei piatti
  • riconoscere gli stimoli e i segnali nel nostro corpo (fame, sazietà, emozioni)
  • sentire la differenza tra un cibo che riempie solo lo stomaco (gratifica immediatamente i nostri sensi ma poi appesantisce la digestione o al contrario ha un rapidissimo assorbimento) rispetto ad un cibo che sazia (colma realmente le necessità nutrizionali dell’organismo e fornisce energia a lungo termine)
  • distribuire gli alimenti nella giornata in modo funzionale alle necessità energetiche e alla corretta gestione della fame
  • imparare a mangiare con serenità e autonomia
  • gestire in modo consapevole le occasioni conviviali e i pasti fuori casa
  • migliorare lo stile di vita non solo attraverso l’alimentazione, ma anche attraverso l’attività fisica (l’esercizio fisico aiuta a regolare la gestione della fame, il metabolismo energetico, il tono dell’umore, la secrezione ormonale, l’intestino e l’appartato digerente, ecc ecc)
  • per chi già pratica sport, adattare l’alimentazione alla periodizzazione dell’allenamento e riconoscere l’importanza di coprire gli elevati fabbisogni mangiando non solo di più, ma soprattutto molto meglio

Per raggiungere tutti questi obiettivi non esiste un manuale d’istruzioni. Occorre mettersi alla prova, sperimentare, ascoltarsi e confrontarsi per trovare insieme la linea migliore da seguire. Ecco perché parlo di “percorso”: ogni momento di confronto è un’occasione per osservare i cambiamenti, per valutarne l’efficacia o la necessità di qualche correzione e, una volta consolidati i primi miglioramenti, fissare di nuovi obiettivi.

Domande frequenti

Considerando quanto scritto finora, ecco come risponderei ad alcune domande frequenti.

Quante sedute occorrono per completare il percorso? Non sono io a stabilirlo, ma lo si decide insieme, volta per volta, in base agli obiettivi e alla velocità con cui si raggiungono i risultati. Sono sempre stata dell’avviso che un buon professionista in ambito medico-sanitario sia colui che vede il paziente il meno possibile, perché gli offre strumenti e cure che gli permettano raggiungere il benessere e di conservarlo e perché lo rende autonomo e consapevole.

Ogni quanto tempo devono essere programmati gli incontri? Ciascuno prosegue nel percorso secondo la propria velocità, che non si può stabilire a priori. Generalmente i primi incontri sono più ravvicinati per poi essere gradualmente dilazionati fino al raggiungimento completo degli obiettivi e al loro consolidamento. Qualcuno si trova bene ad avere incontri cadenzati per segnare le tappe del percorso e non perdersi per strada, altri preferiscono avere i primi input e poi procedere in autonomia, chiedendo sostegno solo al bisogno. Non esiste una formula uguale per tutti.

Se inizio questo percorso, poi come faccio con il resto della famiglia? e quando mangio fuori? Mangiare in modo sano ed equilibrato è una buona abitudine che dovrebbe coinvolgere tutta la famiglia. Ciascuno mangerà quantità differenti in base al proprio dispendio energetico, all’età, al sesso, al livello di attività fisica e a molti altri fattori, ma gli alimenti che girano per casa dovrebbe avere tutti la stessa qualità. Anzi, coinvolgere tutta la famiglia nel cambiamento delle abitudini sbagliate, non solo fa bene a tutti, ma aiuta anche a non avere tentazioni o ricadute verso le cattive abitudini. Quando si mangia fuori casa si possono fare comunque scelte equilibrate, proponendo agli amici di mangiare in locali che offrano cibo di qualità e/o scegliendo dal menù i piatti che meglio si sposano con gusto e benessere.

E se ogni tanto capita uno sfizio? Talvolta può capitare di mangiare cibi che non siano l’emblema della dieta equilibrata, ma con il cibo è giusto avere un approccio sano nutrizionalmente e anche psicologicamente. Vivere tutto come una rinuncia, una privazione oppure con il senso di colpa è il primo passo verso un approccio sbagliato e negativo. Quindi ogni tanto è bene concedersi qualche sfizio, anche solo perché fa bene al cuore. Ogni tanto significa “occasionalmente”: bisogna solo fare attenzione a quante volte ci autorizziamo allo sfizio.

Non sono stato molto ligio in questo periodo, ha senso venire alla visita di controllo? Prima di tutto la decisione su come proseguire il “percorso” è estremamente personale, quindi ciascuno deve sentirsi libero di proseguire secondo le proprie necessità. Penso sia importante incontrarsi proprio quando ci sono state alcune difficoltà e quando si sono persi di vista gli obiettivi. L’utilità del confronto è proprio quella di trovare sostegno e soluzioni di fronte ai piccoli-grandi ostacoli. Gli appuntamenti dopo la prima visita non sono visite “di controllo” pensate come semplice rivalutazione del peso in un’ottica di giudizio del risultato e della buona condotta. Si tratta piuttosto di momenti di confronto costruttivo sul periodo intercorso, sui punti di forza (che dovranno essere consolidati) e sui punti di debolezza (per i quali si troveranno migliori strategie per superarli). Immaginiamo un atleta. Quando va male una gara abbandona il suo sport? No, anzi! Torna ad allenarsi il giorno successivo in modo ancora più intenso proprio per risolvere quel problema. Quando perde da un avversario fa in modo di non competere mai più con lui? No, lo prende ad esempio per migliorare sé stesso. Quando non ottiene la sua prestazione migliore cambia allenatore? No, analizza con lui i punti di debolezza e trova insieme a lui nuove strategie per migliorarsi.

L’importanza dell’educazione alimentare

Pensare al concetto di “percorso” aiuta a comprendere la differenza tra dieta rigida (per un periodo) ed educazione alimentare (per sempre). Imparare a mangiare è per sempre: un’abitudine, un punto fermo, uno stile di vita adatto a tutte le età. La corretta alimentazione non si “sospende” nel periodo estivo, poi da Natale a Carnevale o peggio ancora a Pasqua, o quando si vive un periodo stressante, per poi accorgersi a maggio che si avvicina la prova costume. La corretta alimentazione è mangiare sempre in modo sano,  perché ci fa stare bene, ci aiuta ad affrontare con energia le intense giornate di studio, lavoro o sport e a non subire il deleterio effetto yoyo sul peso e sulle forme. Inoltre comprende anche qualche eccezione alla regola, se questa ci dà serenità anche dal punto di vista psicologico.