Dieta contro la fame nervosa

Stanchezza, noia, tristezza, stress, ansia… queste e molte altre situazioni ci portano a trovare rifugio nel cibo. Si tratta solo di emozioni e stati d’animo o può dipendere anche da un’alimentazione disordinata? Che ruolo ha la dieta contro la fame nervosa?

Se è vero che la fame condiziona molto spesso la scelta di che cosa mangiamo, allo stesso modo si può dire che ciò che scegliamo di mangiare influenza il nostro senso di fame e l’effetto di sazietà a seguire. Dunque acquisire consapevolezza di ciò che nutre il nostro corpo, di ciò che ci piace, dei gusti e delle preferenze, dei ritmi della giornata, ci mette in condizione di raggiungere un sano e corretto stile di vita alimentare.

La qualità degli alimenti

Per impedire la sensazione di fame ricorrente e il pensiero costante al cibo possiamo pensare che sia sufficiente coprire il nostro fabbisogno calorico, così da non avere carenze o deficit. Tuttavia è fondamentale anche (e soprattutto) la qualità degli alimenti. Non è sufficiente parlare semplicemente di “calorie”. Ogni alimento fornisce un certo apporto calorico, ma è molto più determinante la qualità di queste calorie piuttosto che la quantità. Se volessimo coprire un fabbisogno calorico giornaliero di 2000 kcal con 1 solo alimento, potremmo farlo con circa 20 cucchiai di olio, con 10 merendine, con 3-4 porzioni di patatine fritte o con 10 kg di finocchi crudi. Ma se vogliamo avere un buon rendimento fisico e mentale, una buona digestione, un buon senso di sazietà e un buon funzionamento di tutte le nostre attività corporee non basta introdurre semplicemente 2000 kcal. È determinante la giusta proporzione tra i nutrienti che ci forniscono queste calorie, ovvero carboidrati (45-60%), proteine (10-15%), grassi (20-35%).

Le fonti di nutrienti

Ma a dire il vero, anche in questo caso sarebbe sbagliato generalizzare. Per gestire al meglio la sensazione di fame possiamo pensare che sia sufficiente garantire il giusto apporto e rapporto dei nutrienti, ma rischieremmo ancora una volta di cadere in errore. Perché non tutte le fonti di carboidrati, proteine o grassi sono uguali. Se mettiamo a confronto la tabella dei valori nutrizionali del riso bianco e del riso integrale, o quella di un biscotto classico con un biscotto di farro, possiamo notare che c’è pochissima differenza nella composizione di carboidrati. Innanzitutto è bene precisare che la maggior parte di quello che mangiamo contiene una quota, più o meno consistente, di “carboidrati”. Questi carboidrati possono essere chimicamente più o meno complessi e pertanto si definiscono “a lento assorbimento” o “a rapido assorbimento” (altrimenti noti come “zuccheri semplici”). I carboidrati, una volta giunti nell’intestino, sono digeriti e perciò tagliati in frammenti sempre più semplici, assorbiti e utilizzati come energia o trasformati in scorte per i momenti di necessità. È chiaro quindi che, più gli zuccheri sono già semplici in partenza, minori saranno il lavoro e il tempo che gli enzimi digestivi impiegheranno per il loro assorbimento.

Quando un pasto contiene dei carboidrati, la velocità con cui essi passano dal canale digerente al sangue influenza in modo variabile la modalità con cui viene secreta l’insulina, un ormone che fa in modo che gli zuccheri assimilati entrino all’interno delle cellule, riportando la glicemia ai livelli di normalità. Un aumento della glicemia lento e graduale (tipico dei carboidrati complessi) produrrà una secrezione di insulina più lenta e modulata. Al contrario, un ingresso imponente e veloce di zuccheri semplici porta a una secrezione di insulina più rilevante. Il riso bianco, per esempio, essendo raffinato e dunque privo di fibre, avrà un impatto glicemico molto alto, mentre il riso integrale avrà un valore un po’ più basso, grazie alla maggior presenza di fibra.

Spesso, in risposta ad un innalzamento della glicemia molto rapido, viene prodotta una dose di insulina superiore, come una quantità “di sicurezza”, tale che, spesso, si passa rapidamente da una condizione di iperglicemia post prandiale a quella di ipoglicemia reattiva. Si tratta di solito di una ipoglicemia “relativa”: nel range di normalità, ma che scende rapidamente verso il basso. Per questo motivo porta con sé sensazioni vaghe ma spiacevoli, come sonnolenza, astenia, confusione, debolezza, fame intensa, aumento del battito cardiaco, ipersudorazione, mal di testa, tremore (quelle sensazioni di quando si esclama “Non ci vedo più dalla fame!”). Di fronte alla fame intensa e alla sensazione di debolezza, difficilmente avremo tempo e voglia di prepararci uno spuntino sano e genuino, ma è probabile che opteremo per uno snack pronto, in genere molto zuccherino, che alzi in fretta la glicemia. E dunque il circolo vizioso si ripete.

Oltretutto una delle conseguenze dell’eccesso di zuccheri e insulina è lo stimolo all’accumulo di grasso. Infatti il compito dell’insulina è quello di rimuovere gli zuccheri dal sangue. Ma se questi zuccheri arrivano in grandi quantità, troppo velocemente, per le cellule è impossibile avviare un metabolismo così rapido. Dunque gli eccessi vengono messi da parte, come scorta, nei nostri magazzini di deposito (il tessuto adiposo). È chiaro, quindi, che scegliere alimenti e combinazioni nutrizionali a basso impatto glicemico sia importante per il mantenimento di una buona forma fisica, per l’azione sul senso di sazietà e per il mantenimento di un buono stato dell’umore.

Abbiamo capito quanto sia importante non solo la qualità degli alimenti, sia la qualità dei nutrienti. Ma ci sono altri due fattori indispensabili (e strettamente legati) per fornire un buon senso di sazietà e per il benessere alimentare: 1) un adeguato frazionamento dei pasti, che impedisca lunghi periodi di digiuno e stimoli il metabolismo, e 2) la costruzione di pasti completi e sempre ben proporzionati.

Distribuzione giornaliera e composizione dei pasti

In genere se sono in grado di assumere pasti completi e ben bilanciati, il senso di sazietà e il livello di energia percepito saranno tali da assicurare al mio organismo la capacità di essere autonomo per diverse ore, e dunque il frazionamento dei pasti successivi può essere pensato con consapevolezza e controllo. Inoltre “fare il pieno” di carburante nei giusti momenti della giornata permette di attivare correttamente tutti gli stimoli metabolici necessari per sentirsi in perfetta forma, fisica e mentale.

Perché un pasto (colazione, pranzo o cena) sia equilibrato non occorre necessariamente impiegare tantissimo tempo. L’importante è scegliere i cibi della giusta qualità e nel giusto rapporto. Il piatto dovrebbe essere ripartito in 4 parti:

  1. una fonte di carboidrati complessi che derivi da cereali integrali o derivati (ruolo energetico),
  2. una fonte di proteine animali o vegetali (ruolo strutturale),
  3. una fonte di fibre, vitamine, sali minerali a base di verdure e/o frutta (ruolo regolatorio)
  4. una piccola quota di grassi “buoni” (ruolo energetico e strutturale).

Nell’ottica di garantire la distribuzione giornaliera più funzionale alle nostre reali necessità energetiche sarebbe opportuno dare grande importanza alla prima colazione, poi assicurarsi un ricco pranzo ed infine una cena modesta e leggera.

A colazione per esempio possiamo scegliere:

  1. pane, cereali, biscotti, fette biscottate o prodotti da forno in genere preparati con farine integrali
  2. latte o bevande vegetali, yogurt, yogurt greco, ricotta, formaggi magri, affettati magri, uova, legumi, pesce
  3. frutta fresca di stagione, centrifugati / estratti di frutta e verdura
  4. frutta secca oleosa come noci, mandorle, nocciole, pistacchi; semi oleosi come quelli di zucca, lino, sesamo, girasole, chia/ olio extravergine di oliva, di lino, di canapa o di mandorle

Il pranzo e la cena potrebbero essere così composti:

  1. pasta, riso o cereali in chicchi (sempre integrali) oppure pane o prodotti da forno preparati con farine integrali (una ricca porzione a pranzo e una modesta a cena)
  2. legumi, uova, pesce, carne, formaggi magri, affettati magri (usati come secondo, ripieno di un panino o come sugo per il primo piatto)
  3. verdura cruda e/o cotta e/o frutta fresca di stagione (iniziare il pasto con verdura cruda o un frutto aiuta moltissimo ad anticipare il senso di sazietà e a ridurre l’innalzamento glicemico post-prandiale)
  4. olio extravergine di oliva, di lino, di canapa o di mandorle / frutta secca oleosa o semi

Se abbiamo tempo possiamo comporre il pasto con un primo piatto, un secondo e un contorno, altrimenti possiamo creare un piatto unico: per esempio riso venere con tonno e zucchine, farro con lenticchie e rucola, pasta al pomodoro con una ricca spolverata di formaggio grattugiato, ma anche un buon panino di segale con un ripieno di frittata alle verdure.

Indipendentemente da quali siano gli abbinamenti, la qualità e la corretta ripartizione dei nutrienti ci permette di raggiungere il senso di sazietà e di fornirci l’energia necessaria.